In pillole
- Gli investimenti in PIR sono esenti dalla tassazione sul capital gain e anche dall’imposta di successione.
- Le agevolazioni scattano a patto che l’investimento sia mantenuto per almeno cinque anni.
- Attualmente i PIR si dividono tra ordinari e alternativi: ciascuno prevede requisiti precisi, scopriamo quali.
Sei cresciuto in Provincia: aria buona, cibo anche. E lavoro? Insomma: ce n’erano di capannoni, appena fuori paese, qualche anno fa. Poi hanno chiuso tutti. La delocalizzazione, dicono. Ma c’è ancora lo stabilimento di quella ditta che produceva pasta, o scarpe, forse, o forse amari per un dopocena in compagnia: aziende locali, parte della stessa comunità, che hanno fatto la storia del paese dove sei cresciuto ma che hanno chiuso perchè non hanno trovato i soldi necessari per andare avanti con l’attività.
Così, non ha perso solo quella ditta, o quella famiglia, o il tuo paese: ogni volta che un’azienda medio-piccola chiude, perde tutto il sistema Italia. Sì, perché da noi le piccole e medie imprese (PMI, cioè aziende che hanno tra 10 e 249 occupati e un fatturato annuo sotto i 50 milioni di euro)(1) non sono un dettaglio: sono il tessuto connettivo della nostra stessa economia. Secondo dati ISTAT, sono più di 212mila (189mila quelle di piccole dimensioni e quasi 23mila le imprese di dimensioni medie), a fronte delle poco meno di quattromila grandi imprese(2).
Rispetto a quand’eri piccolo, però, qualcosa è cambiato: dal 2017, grazie ai PIR, puoi investire per il tuo futuro sostenendo al contempo l’economia italiana. Vediamo come.
Che cosa sono i PIR?
Nati nel 2017, i PIR sono i Piani Individuali di Risparmio a lungo termine e ti permettono di sostenere le piccole e medie imprese italiane ottenendo, allo stesso tempo, un interessante vantaggio fiscale (a patto di mantenere l’investimento per almeno cinque anni). Questi strumenti – riservati alle persone fisiche residenti in Italia – sono stati interessati nel tempo da diversi interventi legislativi, prima di arrivare alla conformazione attuale.
I PIR uniscono le esigenze di chi investe in un’ottica di medio-lungo termine e quelle delle imprese alla ricerca di canali di finanziamento, convogliando i risparmi degli italiani a favore dell’economia reale. In questo senso, investire in un PIR significa sostenere l’economia del nostro Paese, senza tuttavia rinunciare ai nostri obiettivi finanziari e di vita.
Puoi pensare ai PIR come a “contenitori fiscali”: possono infatti assumere diverse forme (fondi comuni, deposito titoli, polizze assicurative) e includere al loro interno diversi prodotti finanziari (azioni, obbligazioni, ETF e via dicendo). Insomma, non hanno una struttura definita. Però devono rispettare alcuni requisiti, primo tra tutti la destinazione di una quota rilevante dell’investimento a società italiane. A seconda del tipo di PIR ci sono specifici requisiti da rispettare, che vedremo di seguito.
PIR ordinari e PIR alternativi
Una piccola nota tecnica. In base alla normativa attuale, oggi esistono due tipi di Piani Individuali di Risparmio:
- i PIR ordinari (nati, come detto, nel 2017);
- i PIR alternativi (introdotti successivamente, nel gennaio del 2020).
Ordinari o alternativi? I due tipi di PIR
PIR ordinari
- Almeno il 70% del Piano deve essere investito in strumenti finanziari emessi da società italiane (o europee con stabile organizzazione in Italia).
- Di questo 70%, almeno il 25% deve essere investito in società non incluse nell’indice azionario FTSE MIB o indici equivalenti di altri mercati regolamentari (idealmente piccole e medie imprese) e almeno un ulteriore 5% in società non incluse nell’indice FTSE Mid e FTSE Mid Cap della Bi o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati.
- Il PIR non può investire più del 10% su un singolo titolo.
- Un risparmiatore non può investire più di 40.000 euro all’anno in un PIR ordinario (il minimo è di 500 euro), e non più di 200.000 euro complessivi.
- La più recente modifica normativa prevede che ogni investitore possa detenere contemporaneamente più di un PIR ordinario, a patto però che siano costituiti presso lo stesso intermediario/impresa assicurativa.
PIR alternativi
- Almeno il 70% del Piano deve essere investito in strumenti finanziari emessi da società italiane (o europee con stabile organizzazione in Italia) non incluse negli indici azionari FTSE MIB, FTSE Mid-Cap o equivalenti.
- I PIR alternativi possono investire direttamente in prestiti erogati alle piccole e medie imprese e in crediti delle medesime imprese.
- Non più del 20% del valore complessivo del PIR può essere investito in strumenti finanziari di uno stesso emittente.
- Ogni investitore può investire in PIR alternativi un massimo di 300.000 euro annui e di 1,5 milioni complessivi.
- Entro questi limiti, ogni investitore può detenere più PIR alternativi contemporaneamente.
I vantaggi fiscali dei PIR
Ma veniamo ai vantaggi, che sono piuttosto allettanti. Sì, perché l’investimento in PIR – se detenuto per almeno cinque anni – è totalmente esente sia dall’imposta sul capital gain (generalmente l’aliquota è del 26%, esclusi i titoli di Stato e le varie forme di previdenza complementare). Inoltre, è esente anche dall’imposta di successione indipendentemente dal rispetto del periodo minimo di detenzione del piano.
Non solo. Qualora il PIR investisse, nel rispetto dei limiti stabiliti dalla normativa vigente, anche in start-up e in piccole e medie imprese innovative sono previste delle detrazioni fiscali che variano in funzione dell’investimento e nel rispetto di un periodo di detenzione triennale. Tale detrazione si cumulerebbe con il beneficio fiscale dei PIR.
I benefici per il passaggio generazionale
Come accennato, i PIR sono esenti anche dall’imposta di successione. Cosa significa? In Italia, chi riceve un’eredità deve pagare un’imposta che varia a seconda del grado di parentela con la persona deceduta. Per i parenti più stretti, come figli, coniuge o genitori, l’aliquota è del 4% sul valore dell’asse ereditario eccedente un milione di euro. Per i fratelli e le sorelle, invece, l’aliquota è del 6% e scatta già oltre la soglia di 100.000 euro.
Insomma, più alto è il valore dell’eredità, più alta sarà l’imposta di successione. Ed è qui che scendono in campo i PIR: i risparmi investiti nei Piani Individuali di Risparmio entrano nell’asse ereditario senza essere tassati, proprio come i titoli del debito pubblico e le polizze vita.
Italia: un Paese creativo e resiliente
Insomma, se stai valutando come investire una parte dei tuoi risparmi, il PIR potrebbe essere una scelta interessante. Anche dal punto di vista “formativo”, per la tua esperienza di investitore: questi strumenti, infatti, ti possono aiutare a investire nel modo “giusto”, perché ti incentivano a mantenere l’investimento per almeno cinque anni (pena la perdita dei vantaggi fiscali) e a diversificare il tuo portafoglio, aggiungendo un pizzico di “rischio Italia” tramite l’investimento in PMI italiane.
Investire una quota dei tuoi risparmi nel Belpaese, tra l’altro, potrebbe avere più senso di quanto immagini: negli anni l’Italia ha dimostrato resistenza, resilienza e capacità di ripresa. E, allo stato attuale, ha davanti a sé prospettive stimolanti, molte delle quali legate alle transizioni che ci attendono. Insomma: come investitori, potrebbe valere la pena di esserci.


Articolo realizzato in collaborazione con
2) istat.it
Le informazioni contenute negli articoli sono prodotte da Banca Mediolanum in collaborazione con FEduF, escludono qualsiasi forma di consulenza e hanno scopo puramente informativo.