L'opinione di Mediolanum

LA METAFORA CALCISTICA

Dal 17 al 19 maggio su tutti i quotidiani nazionali, in testa la Gazzetta dello Sport, campeggiano un titolo e un messaggio: il calcio italiano torna ad annusare il profumo di successo e di coppe. Dopo aver addirittura portato due squadre in semifinale di Champions, il sofferto derby di Milano, e aver sfiorato la finale tutta italiana in Europa League, il nostro calcio seppur senza i faraonici mezzi di altre nazioni europee, torna a primeggiare nel continente rinverdendo i fasti del passato.

Per quanto qui si parli di economia e investimenti, il calcio non è argomento fuori tema perché in questi 15 anni dalla grande crisi finanziaria, tra le tante tappe di una via crucis partita dai Pigs, passata allo spauracchio dello spread fino alla Brexit, c’è un leitmotiv che continua a contraddistinguere lo scenario internazionale: l’economia cresce e le borse, pur a fasi alternate, continuano a segnare nuovi massimi.

In particolare, e qui veniamo al punto della metafora calcistica, sono gli ultimi 3 anni da mettere in evidenza: dallo spartiacque del covid in poi, momento da cui si paventava la caduta in un precipizio senza fondo, l’Italia che era tra i fanalini di coda per tutti i motivi strutturali che ben conosciamo, ne è uscita come il paese con il maggior potenziale economico esplicitato in tutte le statistiche.

Una piacevole sorpresa che si arricchisce di una gemma popolare: il calcio. È vero che da anni la nostra nazionale non si qualifica ai mondiali, ma l’anno successivo alla pandemia ha vinto l’Europeo dopo tanto tempo, e ora i nostri club hanno la possibilità di giocare su tutti i campi d’Europa. E questo non è solo un tema di costume, oggi il calcio non è più solo sport ma cifre, bilanci e statistiche che possono trainare le voci dell’economia. In verità oggi l’Italia non è l’unica nazione a primeggiare nello scatto, c’è anche la Spagna, ma soprattutto e sorprendentemente c’è anche la Grecia, proprio le nazioni che più hanno subito la crisi economica, oggi sono in testa a tutti i ranking che certificano la crescita. Gli ultimi sono diventati i primi.

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Ora siamo fuori dall’abisso e non c’è nemmeno più l’austerity. Recentemente la Grecia è andata a elezioni, e ci è andata con un tono molto diverso, oggi non ci sono più i venti contrari del default o del referendum per uscire dall’Euro, oggi si va al voto con il vento in poppa spinto dallo slogan “Greece’s greatest turnaround”1, un’inversione a U nel giudizio delle temibili società di rating che hanno portato il debito della Grecia da “default selettivo” (febbraio 2012) sfiorando il livello più basso. La notizia di questi giorni è che Standard & Poor’s (una delle principali agenzie) ha modificato le prospettive del paese da stabili a positive, il prossimo passo è la promozione al rating di tripla B meno. Non è l’eccellenza, ma è sufficiente per entrare nel club dell’investiment grade, uno status che Standard & Poor’s riconosce a soli 70 Paesi nel mondo. Certo non sono solo luci, rimangono ancora delle ombre, ma siamo comunque in una fase di rinascita.

Per l’Italia il percorso è molto simile, non ci sono le elezioni, bensì le promozioni. Dopo le numerose revisioni al rialzo del Pil che oggi vedono ulteriore crescita in luogo di una recessione più volte in passato annunciata, riceviamo anche i complimenti delle agenzie di rating, tutte, da Fitch a Standard & Poor’s a Dbrs hanno tessuto le lodi alla nostra economia, fa eccezione la tanto temuta Moody’s che ha preferito temporeggiare, ma anche questo deve essere interpretato come un buon segnale. Gli indicatori non mentono: la fiducia si mantiene su buoni livelli, la disoccupazione è in calo strutturale, l’export rimane un grande traino, il turismo conferma che il nostro Paese è la meta più ambita, le banche si dimostrano ben più solide rispetto agli istituti oltre le Alpi, e soprattutto i prezzi energetici sono in strutturale fase calante, soprattutto il gas il cui valore e ora 1/10 rispetto ai livelli assurdi dell’estate scorsa.

In tutto questo quadro roseo c’è una notizia che in questi giorni fa molto scalpore: il calo del Pil della Germania ufficializza per il paese l’entrata in recessione tecnica. È una debolezza lieve, ma stride se confrontata alla crescita di Italia, Grecia e Spagna. Proprio la Germania che più di 10 anni fa troneggiava: gli ultimi sono diventati i primi e i primi sono diventati ultimi, almeno questa è la fotografia di oggi.


RATING: tecnicamente è un giudizio che viene espresso da un soggetto esterno e indipendente, sulle capacità di una società o stato di pagare o meno i propri debiti. Più semplicemente si tratta di una pagella emessa da enti specifici che noi conosciamo con i nomi di Moody’s, Standard & Poors, Fitch e DBRS, che con i loro voti decidono il destino del giudicato. Migliore sarà il giudizio e migliore sarà il grado di solvibilità, in caso contrario maggiore sarà il rischio di mancato pagamento. Come però abbiamo visto con il caso Lehman Brothers, anche le agenzie di rating non sono infallibili.


1Financial Times 05/2023

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